Intervista Alfiero Suardi

Sei una persona tra le più conosciute nel mondo bonsai italiano e non,  raccontaci un po’ la tua storia quando hai iniziato a fare bonsai?

Il mio interesse per bonsai inizia da molto lontano, sono sempre stato appassionato della natura ed in particolare degli alberi che ho iniziato a conoscere grazie a mio nonno, profondo conoscitore della natura e naturalista puro, grazie a lui sin da bambino ho iniziato a frequentare i boschi e a conoscere gli alberi e vivendo in una regione le Marche, fortunatamente ricca di verde e di montagne, le nostre escursioni a funghi, asparagi, erbe selvatiche, bacche e tutto ciò che la natura ci offriva, ha generato in me un profondo legame con tutti i monti che circondano la mia città natale: Fabriano. L’ incontro con il bonsai avvenne nel 1984 grazie ad un amico che leggendo un articolo su una rivista botanica inglese aveva iniziato a sperimentare……..

Qual è lo spirito che ti ha guidato in tutti questi anni?

Non è facile dare una risposta sintetica a questa domanda, spesso me lo chiedo anche io……. Ritengo che , almeno per me, il bonsai sia un processo evolutivo di crescita della persona che interessa tanti aspetti della vita: il legame con la natura, il fatto che ti confronti con un essere vivente che ogni giorno sa offrirti emozioni e di cui non vedi mai la fine, il tenere sempre allenata la mente pensando a come poter migliorare i nostri bonsai, la cerchia di amici che si crea nel tempo, il poter confrontarsi con altre realtà, il saper aspettare ma soprattutto ilprofondo ed intimo legame che si crea con alcuni alberi che fanno da tanti anni parte della tua vita.

Quali sono stati i tuoi maestri o cmq le persone che in qualche modo ti hanno insegnato  non solo la tecnica bonsai ma anche l’aspetto “filosofico” di quest’arte?

Come ricordavo sopra il primo maestro è stato mio nonno, che mi ha trasmesso la passione per la natura, senza la quale e senza il rispetto della quale ogni bonsai non sarebbe mai … un bonsai, poi un libro di Kengj Murata “Bonsai Pratico per Principianti” edizioni Edagricole Bologna, a quei tempi una vera bibbia del bonsai che ha permesso a tanti bonsaisti occidentali di conoscere il bonsai giapponese e quindi la linea e la strada da seguire, poi nel 1990 l’ incontro con il mio primo maestro di bonsai Patrizio Fermani a quei tempi e per quei tempi un autentico innovatore ed inesauribile fonte di sapere, poi il giappone con i numerosi viaggi di studio ed infine nel 2000 l’inizio di un percorso di studio, che dura tutt’oggi e quindi da 15 anni , con l’amico Marco Invernizzi ed infine i miei bonsai inesauribili maestri. Da ognuno ho appreso ed apprendo e dopo 30 anni di bonsai posso affermare senza paura di essere smentito, che nel bonsai mai si smette di apprendere e da tutti si può apprendere. L’umiltà, la sete di conoscenza, il rispetto degli alberi ed il rapporto intimo che si instaura quotidianamente con loro sono stati, forse più della tecnica, i più importanti insegnamenti che i miei maestri mi hanno trasmesso. Poi in base al proprio gusto, alla propria sensibilità si sviluppa nel tempo un modo personale di fare bonsai, ma il background culturale e formativo rappresenta il nucleo centrale del nostro indissolubile “animo bonsai”

Quali sono state per te le tappe più importanti della tua carriera?

Di certo gli incontri con i miei maestri e soprattutto con il Giappone, da cui ho appreso un modo diverso di considerare i bonsai e poi, avendo anche per tanti anni ricoperto ruoli dirigenziali nelle associazioni : prima ‘ AIB, poi l’ EBA e quindi l’UBI , l’essere stato attore e testimone di un processo di crescita continuo del bonsai in Italia ed in Europa

 Quali sono i tuoi rapporti con il bonsai giapponese? Racconta almeno un aneddoto (che ti ha colpito triste, divertente, simpatico etc) che evidenzia l’enorme differenza culturale tra i due paesi

 Il bonsai giapponese rappresenta il modello da seguire , non solo da un punto di vista meramente tecnico ma come espressione di un profondo legame tra albero e uomo dove l' albero è il nostro miglior maestro e verso il quale il nostro rispetto deve essere presente e costante tutti i giorni, questa è la strada per avere un bonsai con personalità e soprattutto anima. Essendo stato spesso in Giappone e confrontando l' approccio al bonsai tra loro e noi occidentali, posso affermare che mentre in oriente l' uomo cerca di adattarsi all' albero, rispettando i suoi ritmi e cercando di valorizzare i suoi pregi secondo un processo temporale lungo e senza fretta , in occidente e soprattutto in Italia si cerca più l' affermazione dell' uomo sull' albero e in tempi stretti. Questo rappresenta ancora un grosso limite per lo sviluppo del bonsai , considerando inoltre che si cèrca di ridurre i tempi di formazione , saltando delle tappe fondamentali per la salute e la vita dell' albero. In generale tutto il bonsai giapponese potrebbe essere considerato un aneddoto per noi appassionati occidentali.

Quale percorso di apprendimento consiglieresti ad un aspirante bonsaista? Con quale scuola in Italia e perché?

Se veramente si vuole imparare , il metodo migliore è quello giapponese e quindi chi puo farlo si rechi lì soprattutto se poi del bonsai si vuole fare una professione. Purtroppo non tutti possono avere a disposizione soldi e tempo per intraprendere un percorso cosi impegnativo e allora ricordiamo anche che i clubs bonsai svolgono una funzione didattica non trascurabile: i soci più esperti condividono il loro sapere ed i neofiti possono crescere rapidamente, mentre invece per le scuole Italiane …. Una vale l’altra……

Che tipo di approccio consigli ai nuovi bonsaisti relativamente all’acquisto di piante e attrezzature? Nel senso è meglio acquistare “piantine” e iniziare a lavorare seguendo i primi rudimenti o acquistare piante  impegnative anche economicamente?

Ovvio che più ti confronti con piante importante e più l’arricchimento tecnico e artistico sale di livello, sinceramente però sconsiglio i principianti ad investire troppo almeno all’ inizio.

All’ultima mostra ad Arco durante la dimostrazione di uno dei più famosi esponenti del bonsaismo italiano,  un signore gli domandò cosa ne pensava del fatto che in Giappone le piante partono dal “basso” mentre in Italia al contrario dall’ ”alto”, nel senso che da noi solitamente una pianta viene riportata  a dimensioni ridotte. La risposta andava esattamente nella direzione opposta a quella da te descritta nell’intervista cioè che giappone e giapponesi non avevano niente da insegnarci. Alla luce di queste dichiarazioni ti chiedo se il sistema bonsai italiano è correttamente impostato, Cioè istruttori, professionisti sono in grado di far crescere il movimento italiano?

Noto spesso che molti bonsasiti italiani, mai stati in giappone, sparano sentenze senza sapere e non aggiungo altro……

Che rapporto esiste oggi tra i maggiori esponenti italiani e i giapponesi?

Ci sono relazioni, ma portate avanti in modo per lo più personale e non organico

Pensi che il bonsaismo italiano riesce ad esprimersi in modo adeguato o ha ancora bisogno di essere guidato per esempio perché non si è mai realizzata a una struttura nazionale di tipo gerarchico che collega e relaziona i clubs e questi ultimi i loro i soci? L’idea di Arco bonsai, di invitare i clubs ad esporre non ti sembra buona?

Esiste l’UBI

Che rapporto vede tra gli Shoin e gli altri tipi di bonsai?

Qualcosa si è fatto e qualcosa si sta facendo, gli shohin sono un mondo a parte e come tale difficile da penetrare a livello di conoscenze e soprattutto di qualità di piante.

Perche secondo te in Italia è poco considerata l’esposizione di shoin/chuin singola o doppia?

In generale sulle esposizioni siamo ancora molto indietro ed in particolare sulle taglie piccole, questione di “cultura bonsai” ancora poco sviluppata